«Che cos’è dunque la verità? […] Le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria…» (Friedrich Nietzsche, Scritti 1870-73).

Le “Considerazioni inattuali” sono quattro volumi che Friedrich Nietzsche scrisse nel 1876, all’interno dei quali sviluppò una serie di riflessioni affascinanti sui temi della storia e della civiltà umana.

Nietzsche sosteneva che i fatti in sé sono stupidi: occorre sempre l’interpretazione.

La celebre affermazione “non esistono fatti, ma solo interpretazioni” deve essere intesa in questo senso: ogni fatto che ci viene tramandato o semplicemente raccontato non è mai il fatto in sé, ma è sempre un’interpretazione elaborata da coloro che tramandano il fatto.

La cultura moderna appare pertanto a Nietzsche connotata da una “ipertrofia” del sapere storico, caratterizzata da un eccesso di spiegazioni, dominata da zelanti specialisti – che egli paragona a esseri deformi dotati di un unico, ciclopico e mostruoso occhio – che pretendono di vedere e spiegare tutto da un unico punto di vista, banalizzando e semplificando la complessità del mondo.

Da qui la necessità per Nietzsche di:

«… agire in modo inattuale, ossia contro il tempo e in tal modo sul tempo e, speriamolo, a favore di un tempo venturo».

Le sue considerazioni sono “inattuali” perché enunciano tesi contrastanti con i valori dominanti del proprio tempo e operano per costruire un nuovo futuro, anziché avere successo nell’immediato e ambire all’attualità.

E proprio per questa vocazione ad essere inattuali, sono invece di estrema attualità e importanza per la società moderna.

L’uomo contemporaneo non si orienta più perché non ha punti cardinali.

Queste considerazioni e riflessioni sparse all’interno del blog costituiscono il mio tentativo di delineare una personale tavola dei valori, definire una costellazione semantica individuale che mi aiuti a ritrovare i punti cardinali necessari ad orientarmi, creare una personale bussola da viaggio che possa servire a guidarmi nel cammino della vita.

«Il mondo è divenuto ancora una volta per noi “infinito”: in quanto non possiamo sottrarci alla possibilità che esso racchiuda in sé interpretazioni infinite». (Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 1882).