4 giugno 2011 – venerdì.
Parto per la Scozia la sera di venerdì 24 giugno, da Bergamo Orio al Serio. L’aereo atterra all’aeroporto di Prestwick, a una trentina di miglia a sud di Glasgow, alle 23 ora locale. Quando sono partito in Italia c’erano circa 30 gradi di temperatura; in Scozia, due ore e mezza dopo, fa freddo e pioviggina: ci sono 14 gradi.

Dopo una lunga coda per il controllo dei passaporti prendo un taxi e arrivo subito al B&B Fernbank Guest House dove passerò la notte. Molto caratteristico e tranquillo. Vado a letto all’una, dopo una doccia calda rilassante: sono un po’ teso per il fatto che domani dovrò viaggiare in auto e attraversare tutta la Scozia da sud a nord per circa 240 miglia, per strade che non conosco e con la guida a sinistra.

25 giugno 2011 – sabato
Mi alzo poco prima delle 7.30 e scendo a fare colazione. Faccio la conoscenza del proprietario, un simpatico signore sui sessant’anni. Scelgo una colazione tradizionale, a base di latte, caffè, cereali, pane tostato, burro e marmellata. Non me la sento di sperimentare la famosa Scottish Breakfast a base di uova fritte, salsicce e black pudding prima di intraprendere un lungo viaggio in auto.

Mi reco a prendere l’auto noleggiata, una Ford Fiesta. Finalmente il momento della verità. Salgo, metto in moto e parto diretto a nord. Ho un po’ di difficoltà con il cambio a sinistra, gli incroci, le rotatorie e la retromarcia. È tutto invertito. Decenni di riflessi di guida a destra, ormai automatizzati, rimessi in discussione.

Dopo Dumbarton l’autostrada termina e il paesaggio cambia completamente. Boschi e colline verdi si susseguono ai lati della strada. Siamo ormai nelle Highlands, una delle regioni più belle d’Europa. Un cartello bilingue (in inglese e gaelico) “Welcome to the Higlands” mi dà il benvenuto. Ignoro il fatto che da questo punto in poi dovrò procedere per circa 200 miglia attraverso strade strette e tortuose a una corsia per senso di marcia.

Verso Loch Lomond il paesaggio cambia ancora; la strada costeggia il lago e le montagne con un percorso ricco di curve e tornanti. Non posso distrarmi, ai bordi della strada c’è fango e il fondo stradale è scivoloso. Proseguo con estrema attenzione. Dalla direzione opposta procedono a grande velocità auto di grossa cilindrata, fuoristrada, camper e roulotte. Questa è una zona turistica molto frequentata, ricca di campeggi, alberghi e cottage.
Subito dopo Fort William, una bella cittadina di mare posta alla fine del Canale di Caledonia, una delle mete preferite dagli amanti del turismo nautico, mi fermo per una pausa e scattare delle foto. Sono attratto dai primi scenari di straordinaria bellezza. C’è una luce tersa e bellissima, il vento spinge le nuvole nel cielo.

Verso le tre del pomeriggio, una decina di miglia prima dell’isola di Skye, mi appare all’improvviso in tutto il suo splendore il castello di Eilean Donan, che sorge su una piccola isola. Si tratta del castello forse più famoso e fotografato dell’intera Scozia, reso celebre anche dal film Highlander, l’ultimo immortale.

Finalmente arrivo nella cittadina costiera di Kyle of Lochalsh che dal 1995 è collegata via terra con l’Isola di Skye tramite lo Skye Bridge. Supero in pochi minuti il ponte e arrivo sull’isola di Skye. Il sud-est dell’isola è molto trafficato e pianeggiante, con molte villette tipiche caratterizzate da muri bianchi, tetti neri e giardini curatissimi: una gioiosa esplosione di colori. Poi arrivo a Broadford e ammiro la sua placida baia. Proseguo in direzione di Portree.

Arrivati a Luib sul Loch Ainort il paesaggio cambia improvvisamente e si fa di una bellezza selvaggia e struggente, quasi insostenibile. La massa montuosa imponente e minacciosa delle Black Cuillins domina cupamente il paesaggio e contrasta fortemente con il blu intenso del mare e i riflessi della luce del sole.

Per Portree mancano solo una decina di miglia, ma la strada, stretta e tortuosa, sembra non finire mai. Si passa nuovamente dalla costa e poi si sale verso i monti, fra la nebbia, diretti a Sligachan, esattamente nel centro montuoso dell’isola. Pioviggina, il cielo è scuro e cupo e fa freddo: un paesaggio quasi alpino. Superata Sligachan, arrivo su un altopiano con dei boschi. Di nuovo il sole.

Finalmente arrivo a Portree, con la sua atmosfera rilassata e ariosa. Da qui prendo una stradina sterrata single track, una sorta di mulattiera sulla quale a stento passa un’auto, dove pecore, agnelli, mucche e vitelli la fanno da padroni e procedo per circa due miglia.

Finalmente alle cinque di pomeriggio, dopo sette ore di viaggio in auto, arrivo al Bed&Breakfast Gràsmhor. Tim, il padrone di casa è molto simpatico e cordiale. Scopro che è anche un fotografo professionista e che in primavera organizza seminari di fotografia sull’isola. La camera doppia che ho prenotato è veramente ampia e luminosa, con una bella finestra che dà a ovest, sulla campagna.

Una volta disfatte le valigie faccio una bella doccia calda e poi esco nuovamente per andare a cena a Portree. Pioviggina e fa freddo. Il ristorante è carino, caldo e accogliente. Prendo un piatto di cozze all’aglio con una salsa allo yogurt molto buona e poi un piatto di salmone al forno, accompagnati da una pinta di ottima birra.
Quando esco ci sono 11 gradi di temperatura. Pur avendo addosso un giubbino sento freddo. Torno a casa. Sono stanco per il viaggio e vado a letto. Domani mi aspetta una giornata molto impegnativa.
Sono le 23.30 (mezzanotte e mezza in Italia) e c’è ancora tanta luce nel cielo.