Nella tarda serata di ieri un inaspettato vento primaverile, una deliziosa brezza proveniente da nord ha spirato delicatamente, muovendo le fronde degli alberi e rivitalizzando l’aria.

Sono uscito sul balcone, in maniche di camicia per potere sentire la sensazione del vento sulla pelle. Mi sono acceso un sigaro toscano, mi sono accovacciato a terra come un beduino nel deserto, al buio, rivolto a nord, di fronte agli alberi, aspirando con indolente lentezza il fumo e allargando le narici per percepirne le diverse sfumature di odori del vento. Sembrava di essere in campagna.

Ero forse l’unica persona fuori. Intravedevo, dalle finestre socchiuse dei palazzi di fronte, le famiglie raccolte attorno al focolare del televisore.

Il vento odorava di fiori, di polline. Era carico di promesse di rinascita, di vita.

Ogni località e stagione ha i suoi venti. Ogni vento ha il suo odore.

Con il tempo ho imparato a riconoscerne e distinguerne le diverse sfumature, gli odori caratteristici, le essenze peculiari, gli effetti diversi sull’umore.

Amo il vento in tutte le sue molteplici declinazioni, nelle sue differenti incarnazioni geografiche e stagionali.

Mi ha inebriato e stordito lo Scirocco, caldo e secco, proveniente dal Sahara, che d’estate sferza le coste siciliane con il suo implacabile calore, sollevando la sabbia fino a formare fiumi di polvere fine che sembrano voler smerigliare il paesaggio circostante, e che fa male quando ti colpisce sul corpo. Ma è lo stesso scirocco che, spirando sul mare, ne solleva la superficie, la fa vibrare, la eccita, creando un aerosol di particelle cariche di ioni negativi rivitalizzanti, che ti investono e ti ubriacano.

Amo il vento di Maestrale o ‘pruvenza’, in dialetto siciliano, fresco e ricco di umidità, tipico dei pomeriggi estivi, che nel Mediterraneo spira da Ovest e che spesso porta maltempo, perturbazioni, instabilità. Il suo odore è pregno di salsedine, lo si può quasi assaporare, sentirne il salato sulla punta della lingua. Fa presagire i temporali improvvisi che verranno a interrompere la lunga estate del sud.

Adesso che vivo ormai da dieci anni al nord ho imparato ad amare la Tramontana, vento tipico delle stagione autunnale e invernale, che viene da nord e che spira a raffiche, freddissimo e secco. Di solito porta tempo asciutto, cielo sereno. Pulisce l’aria e rende terso il cielo. Sa di pulito, purifica i polmoni, è ricco di elettricità. Inebriante per chi sa coglierne la ricchezza.

Ho potuto sentire la tremenda potenza dei venti invernali che spirano sul Mare del Nord. Venti freddissimi, gelidi, carichi di umidità che ti entra fino al midollo, che ti fanno barcollare con la loro violenza, che sembrano quasi urlare, coprendo ogni altro rumore.

Mi piacerebbe ‘vedere’ e sentire i freddi venti antartici e il ghibli del deserto del Sahara.

Ieri, 25 aprile, ho lavorato, visto che in Svizzera non è festivo. Mi sono alzato alle cinque, ho attraversato la città completamente deserta, addormentata e immersa in una dimensione quasi metafisica di vuoto e solitudine. Ho avuto una giornata lavorativa molto impegnativa. Sono ritornato la sera, in uno strano stato di dissociazione con il resto della gente che tornava da feste o scampagnate.

Ho portato le bimbe a letto, ho cenato. Poi ho sentito il vento, sono uscito fuori e mi sono acceso il sigaro.

È stato il mio personalissimo modo di festeggiare il 25 aprile.